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    Ben difficile datare la comparsa della vite sul pianeta Terra e ancor più complesso determinare le prime forme di vinificazione e, quindi, di produzione del vino. Si ipotizza che la vite compaia per la prima volta oltre 200 milioni di anni fa e vari fossili testimoniano la sua presenza nelle zone europee, dov’è attualmente coltivata da almeno un milione di anni. Stiamo parlando di una pianta assolutamente selvatica, all'epoca, quindi inadatta alla vinificazione. Nell’era Neolitica, circa 5.000 anni fa, l’uomo diviene stanziale ed iniziano così le prime forme embrionali di agricoltura e, quindi, di selezione delle varie specie coltivazione, tra cui appunto la Vitis Vinifera Silvestris, ovvero la vite selvatica. Sono state recentemente scoperte in vari siti archeologici tracce di coltivazione della vite e anche di anfore contenenti bevande che si suppone derivino da succhi d’uva, risalenti a periodi compresi tra il 5000 ed il 1000 a.C., soprattutto in regioni dell’Asia minore (Georgia, Caucaso, Mesopotamia), dove si ipotizza nasca proprio il primo rudimentale processo di trasformazione dell'uva in vino, databile intorno al 4100 a.C. La Vitis Vinifera Sativa, ossia la forma addomesticata della Silvestris, è infatti presente in quest’epoca in molti territori che si affacciano sul Mediterraneo.

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    IL VINO IN ITALIA

    Successivamente, recenti studi confermano che furono i Fenici a portare la vite e il vino in Grecia che, a loro volta colonizzando l’Italia meridionale, ben nota come Magna Grecia, iniziano di fatto la coltivazione della vite e la produzione di vino in quella area, detta appunto Enotria, che comprendeva parte della Campania, la Basilicata e la Calabria. Dopo i Greci, la vitivinicoltura viene continuata prima dagli Etruschi, poi dagli antichi Romani.

    Sull'origine del Vino, come bevanda, sicuramente deriva dalla fermentazione spontanea del succo d’uva; questo processo verrà, in seguito, affinato di generazione in generazione e di popolo in popolo, come abbiamo visto. Il vino, di fatto, entra nella vita e quindi nella cultura di queste popolazioni, tanto che sia nella mitologia Greca che in quella Romana, esistono "dei" protettori della Vite e del Vino (Dionisio nel caso dei Greci, Bacco per i Romani) e le proprietà inebrianti di questa bevanda portano ad un vero e proprio culto che prevede celebrazioni, tra cui i famosi Baccanali.

    Grazie ai Romani, che conquistano tutta l'Europa e non solo, si deve la diffusione della vite: si narra che i legionari fossero "armati" anche di barbatelle (le piccole pianticelle giovani della vite) che piantano dove arrivavano le Legioni; quindi a loro si deve far risalire l’origine del Vino in vaste aree della Francia e della Germania. In relazione a questa propensione vinicola, proprio ai Romani, grazie alle vaste fonti documentali che ci sono pervenute, possiamo far risalire le origini della moderna Enologia. Ad esempio, Columella nel suo “De Re Rustica” ci tramanda una vasta trattazione in materia, a partire dalla viticoltura per arrivare a pratiche di cantina, sorprendentemente valide anche ai nostri giorni. L'aspetto davvero più incredibile, per certi versi, è il fatto che già all’epoca si fossero codificati gli elementi base per la scelta delle aree idonee alla coltivazione della vite (i Cru, per dirla alla francese) e anche viceversa, ovvero quali tipologie di vite fossero più vocate alla coltivazione in determinate zone. 

    La scomparsa della civiltà Romana, culminata nel 500 d.C. con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, ci porta nel Medioevo. In questi anni bui, non ci sono pervenuti documenti di sostanziali progressi tecnici, dal punto di vista agronomico ed enologico, ma la produzione del vino continua soprattutto perchè, insieme al pane, rappresenta uno dei principali alimenti per le popolazioni rurali dell’epoca. Inoltre, il suo impiego nei riti Cristiani e l’opera di scrittura da parte dei monaci, ha fatto si che i principi dell’enologia e della coltivazione della vite venissero tramandati fino al Rinascimento. Per avere il primo vero testo enologico, dobbiamo però attendere il 1500 e precisamente la lettera che Sante Lancerio, storico, geografo e "bottigliere" di papa Paolo III, scrive al cardinale Guido Ascanio Sforza. In essa, vengono identificati 53 vini di pregio che vengono anche descritti dal punto di vista sensoriale e, addirittura, degli abbinamenti col cibo, usando un approccio ed un gergo sorprendentemente attuali. Vengono citati, tra gli altri, il “Rosso di Terracina”, il “Greco d’Ischia”, la “Vernaccia di San Gemignano” e il “Nobile di Montepulciano”. Altro documento caposaldo della storia enologica, e soprattutto enografica, italiana è il decreto di Cosimo III de’ Medici: risale al 1710 e definisce i confini delle zone di produzione del Chianti, di Carmignano, di Pomino e di Valdarno di sopra.

    STORIA DEL VINO

    Giungiamo al 1800: questo secolo segna la nascita dell’agricoltura industrializzata e porta notevoli progressi anche in campo enologico. Abbiamo molti personaggi che, a vario titolo, sviluppano il mercato vinicolo italiano: Camillo Benso di Cavour è tra i protagonisti dello sviluppo del Barolo, mentre Bettino Ricasoli crea la corretta composizione del Chianti, stabilendo le giuste proporzioni dell’uvaggio, utilizzando vitigni coltivati localmente, come il Sangiovese, il Canaiolo, la Malvasia; l'inglese John Woodhouse, trasferitosi in Sicilia, crea il procedimento per la produzione del Marsala, mentre Benedetto Carpano, in Piemonte, realizza la ricetta del Vermouth, aromatizzando il vino con zucchero e piante aromatiche. Purtroppo, a fine secolo appare la fillossera, devastante insetto importato dalle Americhe insieme a barbatelle di viti locali, al fine di ricercare un rimedio contro l’Oidio, un parassita fungino anch’esso di importazione americana. Si era notato infatti che alcune specie autoctone di Vitis Lambrusca (vite selvatica o americana) d’oltreoceano erano risultate particolarmente resistenti al parassita. La fillossera, cibandosi delle radici della vite e non avendo antagonisti naturali in Europa, ben presto diventa un flagello quasi incontenibile che porta alla distruzione di oltre la metà del patrimonio viticolo europeo. La soluzione è trovata molti anni dopo, innestando i vitigni europei su un “piede” di vite americana, resistente all’insetto. Con questa innovazione necessaria, all’inizio del ‘900 il panorama ampelografico Europeo, e quindi anche Italiano, subisce cambiamenti radicali. In pochi anni, vengono selezionati i vitigni che più si prestano alla coltivazione nelle varie zone prescelte e vengono create le relative barbatelle su piede americano, di conseguenza enormi superfici vitate vengono reimpiantate. Vitigni autoctoni minori scompaiono per sempre. Si entra così nell’epoca della viticoltura moderna. Questo elemento determina l'ingresso del profitto anche nel mondo del vino e non sempre le cose vanno per il verso giusto. Nel 1986, ad esempio, uno scandalo tutto italiano segna un altro punto di svolta per l'enologia. L’utilizzo del metanolo per alzare la gradazione alcolica di vini di bassa qualità da parte di alcuni scellerati e le conseguenti decine di morti e cecità permanenti ad esso riconducibili, recano un danno d’immagine per la produzione Italiana con conseguenze che all’inizio sembrano addirittura irreparabili. In realtà, questo è solo un forte segnale per introdurre anche in Italia quelle norme di sicurezza indispensabili, ma soprattutto quell’amore per l’eccellenza, in contrapposizione al volume produttivo che ancora separava, con poche eccezioni, la produzione Italiana da quella d’oltralpe.

    Prima, i vini Italiani più conosciuti nel mondo erano il Lambrusco, il Frascati, i vini della Valpolicella e il Chianti nei tipici fiaschi di paglia. Con la passione per l'eccellenza, arrivano anche produttori illuminati che esportano il made in Italy di qualità nel mondo: parliamo di Angelo Gaja con il suo Barbaresco, il Marchese Mario Incisa della Rocchetta con il Sassicaia, gli Antinori con il loro Tignanello, etc. La svolta qualitativa è segnata. Seguendo questi visionari precursori, migliaia di produttori locali capiscono che l’eccellenza e la qualità sono le chiavi del successo.

    Si arriva così, grazie anche a Luigi Veronelli, un precursore assoluto, all’epoca delle Guide dei Vini, alla conoscenza diffusa, ai corsi per Sommelier, e alla fine, alla vendita e divulgazione del vino sul web.

    Oggi sono soprattutto i piccoli produttori a portare avanti la bandiera del territorio lavorando, in moltissimi casi, con il vessillo della qualità del miglior Made In Italy.

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